Salvini, i rom e un fiume di spese legali

Quello uguale a Salvini a destra nella foto, che guarda il sole davanti a un crocefisso, è un rom alla festa in Camargue. Quello nell’altra immagine è Salvini vero, un po’ incazzato.

Questa somiglianza pone un quesito. Sotto elezioni Salvini precede con entusiasmo i collaboratori in un giro porta a porta per esprimere solidarietà a un popolo asserragliato e chiedere il voto. E’ l’imbrunire, si accosta a un cancello, ha in mano (come tutti i politici) un telefono cellulare. Un piccolo imprenditore, ossessionato dal clima di insicurezza e paura, imbraccia il fucile caricato a sale e spara. Dirà poi al magistrato: “Mi è sembrato un rom con una pistola

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Io capo, tu primarie. E se l’Italia si desta?

Io penso all’Italia. Anch’io. No, tu no. Scissione. Compattezza. Me ne vado anzi non proprio. Guarda quelli come sono ridotti. Guardatevi voi che appena messi alla prova fate un casìno dopo l’altro. Io faccio il leader della destra. Noi non ti vogliamo. Facciamo le primarie. Facciamole, ma non le tue. Abbiamo tempo per parlarne, tanto loro si dividono. Ma così facciamo il gioco di quegli altri ancora. Sì ma gli altri si fanno male da soli adesso che governano qua e là e volano polizze sugli stadi. Lasciali dire, hanno paura perché siamo il nuovo che avanza. Siete il nuovo invecchiato. Intanto che litigano io metto insieme questi e quelli. Ma quelli non vengono

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