Dedicata ai cuori sereni e ai razzisti

Questa tristezza è dedicata a chi in questi tempi d’ira continua a esser persona e, insieme, alla cecità fangosa e delirante dei razzisti.

Arrivano da luoghi lontani. Qualcuno diventa spacciatore, qualcuno assassino. Molti imparano l’italiano, le regole, le leggi, un lavoro, come il giovane venuto dalla Guinea e oggi impegnato a salvare le nostre vite sulle ambulanza della Croce Rossa (La Stampa-Asti).

Ma anche lui rischia, con il Decreto Sicurezza, di essere cacciato via perché ha un permesso di soggiorno “per motivi umanitari”. Mai espressione fu così calzante e bifronte: umanitari verso di lui e umanitari verso di noi da parte sua.

Colpire l’integrazione

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La notte in cui fummo migranti

Accadde una notte, discutendo di migranti e razzismo, diluendo l’amarezza nel gin tonic. Parlavamo e ci sentivamo imprigionati in una realtà disperante: da quante sorgenti sgorga l’ira verso lo straniero, dall’esasperazione per ombre che ciondolano sotto casa, per una disavventura personale, per cronache talora asettiche e spesso gonfiate, per imitazione, per insicurezza interiore. Tutte sorgenti raccolte e poi drogate per offrire a singole ire personali un nemico comune e contro quel nemico costruire un odio collettivo e su di esso un potere: accomunati in un unico odio sarete branco obbediente.

Non era certo di conforto prendere atto che troppi italiani, con la Storia

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