Io penso all’Italia. Anch’io. No, tu no. Scissione. Compattezza. Me ne vado anzi non proprio. Guarda quelli come sono ridotti. Guardatevi voi che appena messi alla prova fate un casìno dopo l’altro. Io faccio il leader della destra. Noi non ti vogliamo. Facciamo le primarie. Facciamole, ma non le tue. Abbiamo tempo per parlarne, tanto loro si dividono. Ma così facciamo il gioco di quegli altri ancora. Sì ma gli altri si fanno male da soli adesso che governano qua e là e volano polizze sugli stadi. Lasciali dire, hanno paura perché siamo il nuovo che avanza. Siete il nuovo invecchiato. Intanto che litigano io metto insieme questi e quelli. Ma quelli non vengono
Renzi, io o noi?
Dell’ex premier Matteo Renzi amici e nemici hanno sempre detto – soprattutto quando non sapevano che altri complimenti rovesciare o quando volevano addolcire critiche – che era uno straordinario comunicatore. Forse un entusiasmo sopra le righe, giacché proprio lui ammette di aver compiuto errori nella comunicazione e annuncia: troppo “io”, passeremo al “noi”.
A parte che già altri passarono al “noi” nei vent’anni tra le due guerre e non portò bene, le persone vicine al segretario Pd dovrebbe suggerirgli che il cuore della questione non è quel che si proclama e nemmeno – seppur abbia un peso – come lo si proclama