Fascisti al tempo di internet

Fascisti mascherati sotto la sede di Repubblica. Neonazisti che irrompono con un balordo comunicato nella sede di Como Senza Frontiere. Il palcoscenico che cercavano era più ampio d’una strada o una stanza e l’hanno ottenuto: telegiornali e Internet. La prima tragedia è l’arroganza dell’estremismo bieco, la seconda è la possibilità di dilagare ovunque e mettersi in mostra, la terza è il gigantesco stagno di vuoto intellettuale, rancore generale, paura dei più deboli nel quale sguazzano e pescano.

Le teste rasate che leggono il foglietto e quelle coperte che lanciano fumogeni non agiscono su un obiettivo limitato, vogliono far deflagrare le loro “imprese” 

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“Io ci metto la faccia”. Basta, per pietà.

“Io ci metto la faccia”, “Io ci ho messo la faccia”. Uno slogan – ormai una litania – si è propagato come un virus tra leader, gregari, firmatari di leggi, candidati. E quello che dovrebbe essere un normale assumersi responsabilità viene ripetuto con tono eroico, come da soldati che escono dalla trincea e si ergono impavidi di fronte all’artiglieria nemica. Nessuno si rende conto che tono e ripetizione, più che evocare coraggio e serietà, confessano un patetico vuoto.

E’ tanto facile quanto istintivo risentire il “mi faccia il piacere” di Totò all’onorevole Trombetta. Ma è calzante: è possibile che con naturalezza

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