Due dolori atroci porta questa pandemia. Uno è la routine che ammassa i morti nelle cifre dissolvendone la vita, così che qualche decina di vittime in meno rispetto al giorno prima diventano un terribile “soltanto”. L’altra bruciante sofferenza è la solitudine del loro viaggio.
A ciascuno di loro, al viaggio silenzioso che li accoglie, dedico come un saluto dolente qualche brano di Le stelle fredde (Mondadori, 1970), romanzo di Guido Piovene. Il protagonista, lasciato dalla sua donna, si rifugia in campagna. Qui, da una fenditura in un muro esce uno strano vecchio: è Fedor Dostoevskij, che racconta il suo cammino nell’aldilà.
Era uno spazio accidentato