Il “ritorno” dell’emigrante anarchico

Le parole emigrante e anarchico in tutti evocano  Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, mandati innocenti alla sedia elettrica negli Stati Uniti del 1927. Altri emigranti e altri anarchici, con sorti diverse, dormono negli archivi di un’Italia che ignora o cancella la sua storia.

C’è chi per fortuna non considera gli archivi polverose tombe bensì sorgenti da scoprire . All’Israt (Istituto per la Storia della Resistenza di Asti) hanno scavato due giovani studiosi, Stefano Brezzo e Werther Spessa. Indagando su antifascisti e sovversivi astigiani si sono imbattuti nella foto di un uomo un po’ calvo, alle prese con un microscopio, con un sorriso ermetico. Hanno

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Eritrea 1936. Il “noir” racconta le colonie

Eritrea, luglio 1936. Militari italiani e ascari, civili indigeni, trafficoni internazionali, poveracci. A chi può interessare, in quel brulichio di vite, la strana sorte di un ingegnere che ha lasciato ogni incarico, si è ritirato a vita solitaria e una mattina viene trovato appeso per il collo a un trave?

Per mestiere e per passione di quel mestiere l’impiccato interessa al maggiore dei Carabinieri Reali Aldo Morosini, io narrante di Le nebbie di Massaua (Edizioni del Capricorno), eccellente noir storico di Giorgio Ballario, che alla sua creatura in uniforme ha già dedicato tre romanzi. Eccellente perché sono tutt’uno i due elementi fondanti: svolte e sorprese

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