Davigo e il seme della corruzione

Siamo assuefatti alla corruzione come a un cronico raffreddore della società. Del topo d’alloggio, dello scippatore, del piccolo truffatore sentiamo concreti danno e pericolosità, la corruzione ci appare vaga, lontana, senza vittima riconoscibile, ci indigna ma non pare colpirci personalmente.

Ad essa invece ciascuno di noi consegna parte delle sue tasse, è anche a causa sua se imprese chiudono e nuovi disoccupati annaspano, se l’ambulanza non arriva o non sa dove approdare. Del ladro possiamo non essere vittime mai, oppure più d’una volta, del saccheggio di denaro pubblico lo siamo ogni giorno, ciascuno per la sua parte.

Si acquista consapevolezza leggendo Il

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La gente comune, comparse dei tg

Affolla compita i funerali, dietro parenti, amici, colleghi, autorità, giornalisti: è la gente comune. Un classico dei cronisti che fa il paio con gli agenti in tenuta antisommossa (che è come dire: salvato da medici in camice).

Chi è la gente comune? Forse operai, impiegati, disoccupati, casalinghe, commercianti, professionisti, padri e madri di famiglia, figli. Sono citati in coda a quelli che hanno un ruolo – una ragione vera per esser lì? – e il loro appellativo suona come “quelli che non contano”.

Le stesse persone a un corteo pacifico non sono gente comune bensì dimostranti. Davanti alla scena di un crimine sono i curiosi. Quando insultano un politico

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