“Io ci metto la faccia”. Basta, per pietà.

“Io ci metto la faccia”, “Io ci ho messo la faccia”. Uno slogan – ormai una litania – si è propagato come un virus tra leader, gregari, firmatari di leggi, candidati. E quello che dovrebbe essere un normale assumersi responsabilità viene ripetuto con tono eroico, come da soldati che escono dalla trincea e si ergono impavidi di fronte all’artiglieria nemica. Nessuno si rende conto che tono e ripetizione, più che evocare coraggio e serietà, confessano un patetico vuoto.

E’ tanto facile quanto istintivo risentire il “mi faccia il piacere” di Totò all’onorevole Trombetta. Ma è calzante: è possibile che con naturalezza

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LA POSTA – Sciascia, Guttuso e gli altri

Dopo la provocazione Sicilia, un test per i candidati, sono giunti garbati rimproveri su due punti: pretendere cultura letteraria da parte degli uomini politici e aver trascurato alcuni nomi fra quelli suggeriti per saggiare i futuri amministratori.

Da Messina Luisa Vitale scrive: “Non è detto che per ridurre i 24 mila forestali sia necessario conoscere la letteratura del luogo, così come non è detto che un esperto di narrativa o poesia sappia mettere le mani su un bilancio disastroso”. Da Milano Filippo Bruno fa notare: “A parte la totale assenza dell’Arte (uno per tutti Renato Guttuso), colpisce la dimenticanza di un nome e di un’opera

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