“Quando sarò prossimo alla morte, fai un’iniezione al mio cane, perché non rimanga a soffrire sulla mia tomba”. Nelle disposizioni lasciate dall’ottantaduenne Alain Delon al veterinario bruciano pietà ed egoismo, solitudine e paura.
Da tempo discutiamo con dolore, cinismo, amore del fine vita delle persone, cercando regole e limiti, sempre dibattendo della volontà espressa da chi, in condizioni intollerabili, chiede d’andarsene. Quando invece, come per il cane, siamo noi a decidere, la parola eutanasia porta in sé qualcosa di scontato, un cupo automatismo che trascura una domanda: siamo certi, giacché lui non si esprime, di aver sfogliato con dedizione