De André: il mito serve quando cade

Chiedo perdono se racconto in prima persona per aggiungere ancora due pensieri su Fabrizio De André, del quale è oggi il compleanno. E’ per l’antefatto di due sue frasi che raccontano come viveva la fama e l’esser diventato un mito.

Nel 1982 mi arrivò una telefonata dalla Ricordi. Il dottor Diego Andò disse: “Stiamo preparando una serie di dischi da distribuire in edicola, si chiamerà Profili musicali, antologie di grandi nomi accompagnate da un fascicolo con testi, accordi, foto e con pagine introduttive che raccontano, interpretano, insomma accompagnano il pubblico all’artista. Fabrizio De André ci ha fatto il suo nome. Le va di scriverlo?”

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Fabrizio e il massacro di Spot Creek

Fabrizio De André meritava l’impegno che ci ha messo chi ha lavorato a questo film, impegno che si avverte superiore alla sola serietà professionale. Fabrizio però non meritava che l’intensità umana e poetica della sua vita e del suo sentire fossero frantumati, come è accaduto in televisione, tra pesanti coriandoli di pubblicità e un taglio brusco, non armonico come in Volta la carta, che ha spazzato via i titoli di coda per far irrompere Bruno Vespa e i suoi ospiti.  Non si può guardare un uomo sequestrato che scrive al padre, su imposizione, una lettera che non è sua e ascoltare dopo lo spot la canzone che dice “una lettera vera di notte falsa

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