Nina, il volo elegante dei ricordi

Pochi giorni fa, alla presentazione del raffinato trimestrale Astigiani, c’era Nina Manfieri, compagna di giochi di Fabrizio De André quando lui e la sua famiglia erano sfollati a Revignano d’Asti e quando, dopo la guerra, tornavano per le vacanze estive. Davanti al pubblico ha anticipato alcuni dei ricordi che ha affidato a un articolo della rivista sulle radici di Fabrizio. E l’eleganza delle sue parole è stata una ventata, un volo, di bella memoria, quella la cui profondità e insieme lievità si va perdendo nei tempi in cui la memoria è un gigantesco archivio di selfie.

E’ dall’uscita di Ho visto Nina volare (1996) e poi dalla morte di De

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Assassini col terrore d’esser morti

Ha un senso il rancore degli assassini verso le vittime: sono più vive di loro. Nell’anniversario del rapimento di Aldo Moro, del suo omicidio, del massacro della scorta, nel tuono lungo delle celebrazioni, si alzano voci spietate di ombre, accarezzate talora da compiacimenti intellettuali.  “Fare la vittima è diventato un mestiere”, dice Barbara Balzerani, incapace di capire che senza quei morti lei non esisterebbe.

Qui non si contesta la nuova vita dei terroristi e nemmeno il fatto che scrivano, raccontino, spieghino. Censurare interviste sarebbe negarci una possibilità di scoprire il vuoto, il mistero e prevenire orrori. Si vuole soltanto riflettere sul modo

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