La notte in cui fummo migranti

Accadde una notte, discutendo di migranti e razzismo, diluendo l’amarezza nel gin tonic. Parlavamo e ci sentivamo imprigionati in una realtà disperante: da quante sorgenti sgorga l’ira verso lo straniero, dall’esasperazione per ombre che ciondolano sotto casa, per una disavventura personale, per cronache talora asettiche e spesso gonfiate, per imitazione, per insicurezza interiore. Tutte sorgenti raccolte e poi drogate per offrire a singole ire personali un nemico comune e contro quel nemico costruire un odio collettivo e su di esso un potere: accomunati in un unico odio sarete branco obbediente.

Non era certo di conforto prendere atto che troppi italiani, con la Storia

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Se non hanno speranza, mangino odio

Non giudichiamo manovra e altri provvedimenti del governo con occhio di parte o pregiudizio. Non giudichiamoli per niente.  Soltanto leggiamo il messaggio che li accompagna o sostituisce, che entra nel quotidiano di tutti:  odio e vendetta.

La Lega fondò buona parte del suo consenso sul disprezzo per i meridionali sfaticati e puzzolenti. Poi i meridionali servivano e allora spostò il mirino sui migranti del mondo (non tutti, i cinesi non esistono), facendo leva sull’esasperazione di chi vede uomini ciondolare, furti, spaccio di droga (a consumatori italiani) e donne che si vendono (a voglie italiane), soldi spesi per l’accoglienza o per la detenzione. Sostiene

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