Willy, l’umiltà del piccolo coyote

Willy non era un coyote e neanche somigliava allo sciamannato personaggio dei cartoni . Ma sedici anni fa mia figlia lo portò a casa piccolino e lo chiamò così.

Di tutti i nostri familiari a quattro zampe tendiamo a ricordare qualcosa di speciale: un gesto d’eroismo vero o presunto, un’intuizione, una sintonia, un episodio da gran protagonista. Di speciale Willy aveva gli aspetti più rari: una pacata normalità, una serafica umiltà, un’accettazione che non perdeva mai la dignità. Piove? Ci bagneremo un po’. Un caldo torrido? Andrà bene una mattonella in cotto del pavimento.

Willy – un incrocio tra un bassotto e qualcuno più corpulento – liquidava

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Il violino che risvegliò la Storia

In una scatola di cartone c’è un piccolo violino. Uno di quei casuali rimasugli di cantina, o di soffitta. Ma, anziché su una bancarella, finisce nelle mani di una ricercatrice, una storica, lì per lì  più perplessa e infastidita che attratta. Eppure quello strumento – che per dimensioni si direbbe appartenuto a un bambino – infiamma emozioni, perché rivendica la storia propria e di chi l’ha fatto vibrare

Guido suonava il violino è un temporale di teatro d’eccezione, punto d’approdo di una ricerca storica divenuta romanzo, Il violino di Nicoletta Fasano, narrazione dell’impasto fra studio, storia e sentimento (edito

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