Care vittime di delitti, cari parenti di quelle vittime, vi scrivo con tristezza in giorni di campagna elettorale.
Come sapete esistono fra i pretendenti alle poltrone soggetti che si sono sempre detti dalla vostra parte e con voi invocavano una Giustizia implacabile ed esemplare. Ora hanno d’un tratto deciso di abbandonarvi a pianti solitari e senza consolazione: se Parigi val bene una Messa, un posto al governo vale il dolore senza risposta delle vittime di reati.
Sapete che esistono forze politiche che da sempre cercano di delegittimare la magistratura e ridurne il potere in quanto pericolosa perché infila occhi e orecchie nei loro affari. Per voi invece, con le forze dell’ordine, essa era l’unico porto dove, se non alleviarla, si poteva dare un senso alla sofferenza, non attraverso vendetta, ma giudizio e condanna. Ebbene, quei signori in corsa per il Parlamento hanno trovato un modo per spuntar una volta di più le armi dei pm e convincono un popolo poco informato e ingozzato di slogan che questa è cosa buona e giusta.
Alcuni di questi soggetti proclamano che, appena avranno raggiunto il potere, cancelleranno la possibilità per i pubblici ministeri di ricorrere in Appello dopo una sentenza di assoluzione dell’imputato in primo grado. E’ vero che si eliminerebbe parte del lavoro che intasa gli uffici giudiziari e l’idea sembra sensata: ti hanno processato e assolto, quindi è inutile rifare tutto, sei dichiarato candido, vai con Dio. In un Paese dove si è convinta la gente che la Giustizia è un circo impazzito nel quale bizzarre figure decidono destini per crudeltà, per antipatia, per scelta politica, tra cittadini spaventati dagli slogan politici, il gioco funziona: <Metti che per sbaglio io finisca in un’indagine. Questi candidati mi stanno proteggendo>. Ma …
Senza entrare in questioni tecniche, costituzionali o di filosofia del diritto, guardiamo la faccenda dal lato opposto, guardiamola come se non temessimo di essere imputati ma di essere vittime d’un reato. Ogni mattina e ogni sera telegiornali e quotidiani raccontano furti, truffe, rapine, corruzione, stupri, pestaggi, usura, spaccio di droga assassina, estorsioni, pallottole vaganti, omicidi, mafie, disastri come i ponti o le funivie che crollano. Ebbene, anche se ci sentiamo estranei, sappiamo che indossando quegli abiti il fato può passarci accanto, ritenerci interessanti e prenderci con sé.
Oggi, a ogni episodio, a ogni sentenza d’assoluzione o con condanne che paiono troppo lievi (quasi dovesse esistere solo l’ergastolo) voi vittime e parenti delle vittime (e con voi chi vi sta abbandonando) invocate la Giustizia dell’Appello. Questa seconda chance non ci sarà più, anche se la cronaca narra casi clamorosi di sentenze ribaltate, di colpevoli assolti in primo grado e condannati poi grazie alla tenacia di parenti delle vittime, avvocati, consulenti, pubblici ministeri.
Care vittime e cari parenti, chi vuol togliere questa possibilità probabilmente mira ad accrescere la propria immunità lasciando voi alla solitudine del dolore. Qualcuno perché già colpito o sfiorato da indagini e aule di tribunale, qualcuno per disciplina di partito o calcolo sul futuro preparano insieme una legge che tornerà utile a loro, ai delinquenti di piccola tacca come ai manager del crimine organizzato, ma passerà allegramente sul pianto delle vostre attese, lasciandole orfane di una Giustizia che non potrà correggere errori, approfondire aspetti, arrivare al cuore della verità.
Sarò sempre accanto a voi, ma con tutto il rispetto, una cosa mi permetterò di ricordarvi, care vittime e parenti di vittime. Quando sarete soli sotto una grandinata di sofferenza, non prendetevela con i giudici che hanno assolto in primo grado. Prendetevela con la vostra stessa mano che, con un segno sulla scheda elettorale, ha firmato lo stop alla Giustizia che cercavate.