Covid 2. E’ scomparso il mondo

Covid sulla propria pelle. Seconda puntata del diario che a “Storie e pensieri” ha gentilmente concesso Giacomo Romagnolo, 19 anni fra due mesi, di Alessandria, studente di Giurisprudenza alla Cattolica di MIlano.

Quinto giorno. Siamo abituati ad avere relazioni sociali.. Da detenuto per malattia scopri che non sono così ovvie. La telefonata della nonna non è la “solita” voce affettuosa: è vitalità, è il via alla giornata,  bene augurante perché l’atroce mal di gola si è stemperato in implacabile fastidio. L’hanno curato anche grida di ieri davanti alla partita sullo schermo? Studio Diritto Privato, leggo, rispondo a messaggi. La monotonia ingloba i dialoghi a distanza, quasi ne fa un lavoro da sbrigare. I contatti virtuali sono comodi e veloci, ma sono altro. Può sembrare un paradosso, ma l’allarme Covid respirato essendo attivo a Milano in settimana e ad Alessandria nel week end era comunque vita assaporata. Questa, pur con il telefono in mano, è assenza dal mondo.

Sesto giorno. Nelle situazioni di difficoltà estrema è fondamentale essere realisti e rimanere con i piedi per terra. E’ vero,. Ma trovare lati positivi è arduo mentre si pensa a ciò che non si ha, non si può avere, non si può fare. Ti dicono: il morale basso indebolisce il sistema immunitario, ultima cosa della quale ho bisogno, ma non è facile far svanire dalla mente ciò che non hai più nel concreto: incontri, lezioni all’Università, passeggiate. Una cosa avevo perso nel viver di corsa e quella ho recuperato: la lettura del giornale la mattina. E non è male poter confezionare a mio piacere gli orari, cominciare una cosa mezz’ora dopo, tanto si potrà recuperare più tardi. Ma è sempre in agguato la stanchezza: seguo la lezione di Diritto Privato e poi non mi collego per la successiva. Voglio dormire. Sempre. Avrei anche un alibi, il Covid. Alibi con gli altri o funziona con me stesso?

Dopo cena un messaggio del medico dice che, con i sintomi che gli racconto, è difficile prevedere negativo il nuovo tampone già fissato: da inizio pandemia ha visto solo due casi di remissione tanto veloce. Fin qui ho patito la reclusione. Da adesso patisco anche la prospettiva di reclusione.

Settimo giorno. Stessa situazione, ma con pensieri opposti la sera e la mattina. Mi sono addormentato nel vortice cupo delle previsioni pessimistiche del medico, mi sveglio al contrario: una settimana di isolamento? siamo sinceri, il tempo è volato, volerà anche quello a venire. Programma: alle 15 chino sui libri. Realtà: addormentato dal pranzo alle 17. Ecco spiegato perché il tempo vola.

Ottavo giorno. La faccenda del tempo che vola è una bandierina al vento. Ieri mi rasserenava, oggi provoca ansia. Manca un mese all’esame, il primo e pure uno dei più difficili. Non agisce da ansiolitico guardare in Instagram immagini di chi passeggia, corre, come per sfogarsi prima di un probabile lockdown. Non dico che vorrei cazzeggiare in giro, però due passi dopo pranzo, una corsetta prima di cena…  Fallo tu per me, dico al gatto. Lo guardo a distanza: che effetto ti fa questo amico che neanche ti accarezza? La prudenza. Nemmeno gli preparo il cibo, per non maneggiare ciò che potrebbero poi maneggiare i miei genitori. Per fortuna non ero con loro quando mi sono contagiato, poi subito isolamento: sarebbe assurdo trasmettere il virus per la distrazione d’un gesto.

Sarà l’isolamento, sarà il Covid, ma vengono pensieri bizzarri. Il telefono ha il contapassi e io sono sceso da una media di 8 mila al giorno a 300, tutti tra scrivania, poltrona e letto. Se dietro il meccanismo del telefono ci fosse una persona vera che conta che faccia farebbe? Preoccupata? sfottente? severa?

Perché severa? Benché tutto solo e senza “giudici” mi inalbero. Non mi sono cercato un bel niente. Ho quasi vent’anni e non posso rinunciare a vivere: rifarei tutto quello che ho fatto in questo mese e mezzo. E poi non c’erano cosiddette “imprudenze”, semplicemente non mi andava di studiare a cento chilometri di distanza “per paura”.  Se fossi rimasto a casa forse, con la tentazione di vedere amici, sarei stato ancora più pericoloso per i miei genitori. Non dovevo rischiare neanche su di me? Ho messo in conto un rischio e rischiare nei limiti del lecito può combaciare con il vivere.

Giacomo Romagnolo (2. continua)