L’isola è emblema e sensazione d’abbandono e solitudine, approdo del fuggiasco e rifugio del reietto. Ed è nell’isola di Giava che matura e sfiorisce una costola di Hegel, ammirato filosofo e imperfetto padre.
Impastando con straordinaria lievità biografia reale e costruzione fantastica, uno splendido romanzo – La notte negli occhi (Lindau) – scava nell’angolo più privato dell’illustre professore, ne afferra i segreti e li porge come se filmasse il solitario vagare di anime perse nel caos del mondo. L’autore, Francesco Baucia, ha il gusto, senza saccenteria, di trasformare in alta narrativa lembi di vita dei grandi: l’aveva già fatto nel 2013 con Freud, protagonista del suo primo romanzo, L’ultima analisi (Sedizioni), nel quale il lettore viveva accanto al fondatore della psicoanalisi.
Io narrante di La notte negli occhi è un medico dalla vita tormentata: dopo la morte della moglie incinta, uccisa dai francesi di Napoleone a Lubecca, si ritrova ramingo al seguito di eserciti a curar malati. Uno di costoro gli racconta d’un imprendibile assassino dalla pelle livida, sul quale pende una taglia offerta dalle compagnie che armano baleniere. Più per puntiglio che per denaro, con intuito medico e talento investigativo, lui scova il ricercato e, lasciato il compenso al militare, asseconda il suo destino di errante tra navi e mari, conquistando fama di cacciatore d’uomini e solutore di misteri più che di guaritore d’infermi.
Questo saggio e sapiente personaggio – che pare aver ricevuto il respiro da Conrad, Melville, Stevenson – è perfetto per le esigenze di un uomo illustre e potente minato nell’anima dalla propria incapacità affettiva: il Grand’Uomo Hegel, stretto nel rimorso, lo contatta per risolvere il lato oscuro della sua osannata esistenza di pensatore e cattedratico, Il lato oscuro si chiama Ludwig, figlio illegittimo (realmente esistito) che egli ha maldestramente provato a riavvicinare e ha poi definitivamente ripudiato. Ora ne piange la sparizione da ogni orizzonte.
L’indagine conduce all’isola di Giava, dove Ludwig pare approdato dopo essersi arruolato nell’esercito coloniale olandese. Le tappe della ricerca sono quelle di un cammino concreto e psicologico di un giovane che sconta la propria nascita scivolando nelle trappole della vita, in un intreccio d’abbandono e parziale recupero, marginalità di ruolo in famiglia, fuga e sottobosco sociale, equivoche amicizie e malaffare, fino all’isola che nasconde dal mondo, dal proprio passato, dall’affetto negato. Il medico cacciatore, ostinato nella sua missione, è psicologo, investigatore d’un giallo, storico del suo tempo, tra un misterioso amico del ragazzo e l’oscuro assassinio d’un ufficiale.
Con scrittura raffinata, con la cadenza dell’avventura, con il ritratto di un cuore sfregiato, Baucia veste la vita di Hegel, di Ludwig, del medico, di militari, marinai, osti e comparse di un mondo ottocentesco – colto e raffinato, oppure militare e marinaio, oppure ancora sensibile e perdente – con un maestoso e fresco ritmo narrativo e con la grazia della parola, in un romanzo che è per me uno dei più affascinanti del 2020.