Da giorni frequento come visitatore di paziente un reparto d’ospedale e, fra tanta abnegazione e simpatia (in camice o a letto), vedo risaltare piccoli concentrati di volgarità, micro-arroganze convinte che l’Italia sia confezionata e modificabile a loro misura.
Come in tutte le strutture sanitarie, le visite degli esterni ai malati sono regolate da orari, in questo caso con ingresso alle 7 del mattino, alle 12, alle 18. Può accadere, a chi è previdente, d’arrivare in anticipo: a volte la porta è già stata aperta, altre volte si tratta d’aspettare qualche minuto. Quasi ogni giorno persone nervose alle 11,55, tempestano quella porta di manate e colpacci. E non per urgenza o apprensione: essendo loro già lì, la regola dovrebbe essere adeguata.
Questa gente che crede di vivere un’Italia fatta su misura per le loro esigenze appare ed è per la politica facile da illudere e coltivare, ma sarà sempre più difficile da gestire quando la stessa politica – smonta oggi, smonta domani – avrà bisogno, per la propria sopravvivenza, di far rispettare qualche stop.
Altro esempio ospedaliero. All’1,30 di notte due persone chiacchierano a voce alta davanti alle stanze. Un paziente chiede al personale – già stremato dall’inadeguatezza degli organici – di far abbassare la voce o di allontanare i chiacchieroni. La prima risposta contiene anche tenerezza: “Uno, poveretto, è un anziano che non riesce a dormire”. Verrebbe da commentare: “Peccato che, operati o assonnati, non possiamo uscire tutti a fargli compagnia”. La seconda risposta contiene una triste resa: “Vuole che le chiuda la porta?”. Isolare due pazienti nel calore della stanza è in effetti più realizzabile e rapido che convincere altre due persone che per raccontarsi storie e sfoghi a voce alta potrebbero andare nell’area soggiorno o in una camera: perché alla volgarità siamo avvezzi, come all’aria, alle medicine, al cibo.
Quando poi l’infermiera – forse sollecitata anche da altri – invita i due a spostarsi o abbassare il volume, la risposta che riceve è straordinaria: “Loro devono riposarsi e per questo noi dovremmo suicidarci?”. Se non altro c’è una tardiva consapevolezza: meno cafone di quel che sono non posso essere, l’alternativa cui mi condannate è non essere più.
Forse chi picchia alla porta perché l’orario è fissato solo per gli altri, chi blatera nel notturno corridoio sono fra coloro che gridano contro l’inciviltà di mafie, corrotti, evasori, bulli, violenti contro i fragili. Senza rendersi conto che tutti quegli alberi sono cresciuti sul seme della volgare arroganza.