Hanno quasi quarant’anni, hanno talento, successo e denaro. Ma un vuoto o una zavorra ne misurano passi e scelte, memoria e sogni, e tessono le tre vite, in origine slegate fra loro, in una rapsodia dove ognuno dei canti stringe un patto fra passato e futuro.
Jazz, Rock, Venezia (Castelvecchi) è un romanzo scattante e profondo di Roberto Saporito, giornalista, esperto d’arte e musica, collaboratore di Satisfaction, autore di narrativa con Il rumore della terra che gira (2010), Come un film francese (2015), Respira (2017).
Quelli del titolo sono anche gli unici nomi – simbolici e sintesi delle loro esistenze – dei protagonisti. Jazz è un trombettista dalle poche lezioni (dal maestro si è più che altro “difeso”) e dal gran talento naturale, in concerto tra Svizzera e Stati Uniti, palcoscenici e camere d’albergo, in cerca di una solitudine protettiva dal pur rassicurante caos che argina i pensieri più inquietanti. La troverà su un’isoletta deserta nella laguna veneziana, dove a misurare il tempo e il confronto con se stesso sarà un bizzarro autorecluso con il racconto d’un segreto rosso sangue.
Rock è il chitarrista indie rock d’un gruppo internazionale per formazione e successo, geniale quanto legato al mito d’un mostro sacro con il quale è destino debba incidere un brano. Il suo girovagare per offrire emozioni e da esse venir gratificato si trasformerà nell’itinerario tra deserti americani e monumenti di Roma, in auto su per l’Italia in compagnia del suo mito e scoprendo se stesso, fino alla Serenissima, antica e immobile sull’acqua a ricevere Jazz e lui e far loro sfiorare la terza protagonista o con quelle di lei compenetrare le proprie attese.
Lei è Venezia, antiquaria tra calli e canali, celebre nel mondo, dall’Europa al Moma di New York, come fotografa di bizzarri soggetti, scatti femminili, ma non volti o corpi, bensì dettagli: istantanee di donne riprese dal basso sotto le gonne. E’ con ostinazione prigioniera della sua città, che l’ha vista amante segreta d’un originale potente finito suicida, non l’allontana nemmeno la minaccia incombente di una vendetta.
Saporito li accompagna con una scrittura ricca e sciolta, matura e giovane, musicale come se si abbandonasse alla colonna sonora. A uno si rivolge con il tu, narra l’altro in terza persona, lascia che la donna si racconti da sé. Sono tessere rapide, incalzanti, che avvolgono o trascinano con sé altri personaggi, delicati o inquieti, stupefatti o determinanti, e la memoria di ciò che li ha resi quel che sono.
E’ davvero un bel romanzo, nel quale le singole vite, il bisogno di credere in sé, di essere e sentirsi se stessi sono singoli canti che si svelano unendosi in una moderna rapsodia.