Nell’addio a un personaggio dello spettacolo raramente si diffonde un dolore intimo e corale come quello che ha salutato Fabrizio Frizzi. Il pubblico non ha pianto l’uomo famoso bensì l’amico – non importa se incontrato di persona oppure no – nel quale aveva fiducia e per il quale sentiva gratitudine.
La vita sua – e con essa un po’ della nostra – prosegue in Fabrizio Frizzi meraviglioso (Sperling & Kupfer) di Alberto Infelise, giornalista della Stampa, che ha provato timore e avuto coraggio nel ripercorrere lavoro e cuore, vita privata e generosità discreta d’un uomo prima ancora che di un conduttore tv.
Con penna lieve e affettuosa Infelise ha d’istinto scritto questo ritratto come se l’avesse tratteggiato giorno per giorno dagli esordi fino al malore in studio e poi alla repentina fine. Non un instant book, che a caldo inanella ritagli d’archivio, ma un canto senza stonature, senza arrangiamenti retorici, un affondo delicato nello stile di una vita, di una professione, dei rapporti davanti e dietro le quinte, di quelli umani e sociali, nel dialogo “alla pari” con spettatori per i quale Frizzi provava gratitudine e che gratitudine e affetto gli inviavano di rimando.
Programma dopo programma, dalle radio private alla tv, da Il barattolo fino a L’eredità, passando per Miss Italia e colmando di passione Telethon, impegno dopo impegno, attraverso le voci dei colleghi, gli aneddoti, le gioie e le amarezze, il rigore e la tenerezza, il libro disegna una “filosofia dell’intrattenimento” garbata ed elegante, per questo rara: la coscienza di essere “uno strumento dello spettacolo”, l’umiltà di “non mettersi mai davanti al racconto” appresa da Corrado (“fare come se fosse sempre il primo giorno”), la professionalità e la precisione (“sull’imprevisto si può giocare, ma non si deve mai esserne sopraffatti”), l’attenzione spontanea per gli ospiti (cercandoli nei giorni seguenti, in via privata, per conoscere l’evolversi delle loro storie), la riservatezza dell’altruismo (la donazione del midollo osseo e l’incontro con chi l’aveva ricevuto), la consapevolezza della distanza fra la quotidianità e l’avventura di un gioco a premi: “E’ stata una bella parentesi – dice al bravo campione caduto – Ora dedicati agli obiettivi importanti della tua vita”.
Alberto Infelise non toglie e non aggiunge, accompagna il ritratto che si delinea, tra lavoro e affetti di Frizzi: mai senso di trionfo da audience, mai gioco da paparazzi o gossip. Ne percepisce l’intimo dissidio quando due imperativi – lo spettacolo e il senso morale – cozzano drammaticamente: è ovunque il fragore della strage di Capaci e la Rai decide di mandare comunque in onda la puntata di Scommettiamo che, lasciando in lui una lacerazione due volte sofferta (per l’orrore di sangue e per il suo legame con Rita Dalla Chiesa, figlia del generale-prefetto assassinato dalla mafia).
Non instant book e neppure biografia per tappe e memorie: è un canto con Fabrizio, perché l’autore ne condivide umiltà e pudori, forza dei sentimenti e capacità di proteggerli dalla retorica, con personale affetto e signorile rispetto verso l’uomo pubblico che per il pubblico era “specchio” di come ognuno pensava o sperava di essere.
E allora la genuina lettera dell’autore a Stella, la figlia di Fabrizio, scivola come una accorata e dolce poesia dell’amore paterno, la carezza che ciascuno vorrebbe lasciare o sentire quando un solco sembra separare la morte e la vita.