Casamonica è un cognome e un cognome non è un delitto. Ma questo cognome, inteso come gruppo di famiglia, irrompe nella cronaca con una aggressiva disinvoltura che lascia attoniti.
Prima è stata la spettacolarità di un funerale, carrozza, elicottero, petali di rosa, per colonna sonora il padrino, gigantografia di un “re di roma” (qui volutamente minuscolo). Ora è una dimostrazione di potenza – botte alla cliente o dipendente, botte al titolare, sotto le telecamere di sorveglianza – molto simile alla testata che a Roberto Spada è costata l’aggravante del “metodo mafioso”.
Ma gli Spada, i Casamonica e altri che di giorno in giorno invadono schermi tv, giornali, social per stupida arroganza, per l’incapacità di capire quanto impudenza e calcolo diano risultati non previsti, sono tanti, sono la nuova violenza strutturata. Sono il paese del piccolo sopruso quotidiano che si fa più massiccio, organizzato, cieco e rozzo e s’illude d’imporsi con la forza dove ancora regge la fiducia in sé e nella giustizia. E dove la stanchezza si fa ira anziché resa e l’ira risveglia fiducia.
In Piemonte, tra Asti e Alba con al centro Costigliole – paese di colline e vini, agricoltura e cultura – è appena terminata un’operazione contro la ‘ndrangheta. E anche qui, la mafia “liquida” – quella che non appare e si insinua – non aveva saputo fare a meno di mettersi in mostra ad ogni costo, con punizioni esemplari, vendette rumorose, aggressività rozza.
I più atroci boss hanno impiegato decenni per mettersi camicia, giacca e cravatta, per tracciare defilato il loro percorso e introdursi nello Stato, nella Finanza, nell’impresa e negli appalti. Le nuove leve mostrano denti e pugni e mazze e cinghie, appagati da telecamere di sorveglianza o delle tv che diffondono la loro potenza.
Questo è l’unico aspetto positivo: grandi eredi di grandi imperi economici hanno distrutto quello che avevano costruito i padri, minuscoli eredi del crimine distruggono la forza della paura esibendola.