Sparano tutti: tv, social e candidati

Sparano tutti. Lo scellerato cecchino di Macerata con proiettili veri, altri con l’uso cinico e crudele dei media. Quel delirio di condanne da strada è con ogni probabilità il torcersi di un fragile nel terrore, che di terrore si abbevera a trasmissioni televisive, sui social, ai comizi. Ma l’odio dell’altro come autodifesa è ovunque.

Per alcuni – non considerando il cervello l’arma più potente – la fiducia in sé comincia quando si ha una pistola in mano. E, armati, ci si muove sull’onda di spintoni non percepiti come tali: gli spintoni sono i colpi di fucile continui di chi non sa come dare dignità alla propria vita e colma il vuoto gonfiandola con l’odio verso bersagli lontani.

Ascoltiamo in tv, leggiamo sui social proclami, frasi indignate quando uno straniero delinque, ma sono anche toni esultanti, perché comprovano una teoria, spingono a pensare: “Beh, in fondo serve a fargli capire che a casa nostra non fanno quello che vogliono, che è meglio girare al largo dalla civile Italia”. Se questa è la via, allora andiamo in giro a sparare a caso sulla folla: faremo capire alle maestre che non si picchiano gli allievi, agli studenti che non si accoltellano le insegnanti, ai mariti lasciati che non si uccidono le mogli e nemmeno i figli per “far dispetto”, ai corrotti che non si prendono mazzette e ai corruttori che non si offrono, agli evasori che si pagano le tasse e agli artigiani che si fa la ricevuta, agli automobilisti che non si parcheggia al posto dei disabili e ai finti disabili che certe astuzie portan male.

Siamo convinti di essere un paese di santi invasi da selvaggi, ma spesso siamo selvaggi e cialtroni nati qui I dipendenti di un Comune beccati mentre facevano i loro affari scrivevano su Facebook che il male dell’Italia erano i politici disonesti. Un tizio che ogni giorno tuonava contro raccomandati e furbetti mi chiese se avevo conoscenze nel tal ospedale. Pensai avesse gravi problemi e cercasse lo specialista più adatto: doveva fare un prelievo di sangue e non aveva voglia di fare mezz’ora di coda.

Tutti santi, tutti con un nemico. E le persone che domani dovrebbero guidare l’Italia, anziché raccontarci un futuro credibile e realizzabile, passano il tempo a picchiare in testa agli altri, come nella vignetta di cinque anni fa del Frankfurter Rundshau. Non devi votare me perché ho le idee chiare, ma perché quell’altro è  lazzarone. Berlusconi, flat tax a parte, parla soltanto di arginare pericolosi nemici. Matteo Renzi ha annunciato: “Noi faremo una campagna di programmi, non una tirata contro gli altri”. E senza prender fiato: “Gli impresentabili stanno in quella lista, quelli si alleeranno con quelli”. E’ più forte di lui. Scrivono i giornali che, venute alla luce le imbarazzanti situazioni di qualche loro candidato, i Cinquestelle hanno diramato in Veneto un ordine di scuderia: “Trovate nefandezze sui vostri avversari”.

Il clima della delegittimazione, dell’assalto dilagano perché mancano cultura, rispetto, concretezza. Si parla di antipolitica. C’è, ma non sta nei cittadini, una buona parte dei quali vorrebbe la Politica. Sta nella gestione del potere, nella campagna elettorale e nei suoi declamatori. Scriveva nella prima metà dell’Ottocento Alexis de Tocqueville (storico, giurista, politico, precursore della sociologia): “Una nazione stanca di lunghe discussioni accetta volentieri di essere ingannata, pur di potersi riposare, e la storia ci insegna che, per contentarla, basta raccogliere in tutto il paese un certo numero di uomini oscuri e sottomessi, e, pagandoli, far loro rappresentare davanti ad essi, la parte di assemblea politica”. Potrebbe essere un editoriale di questa mattina.