Spargono dolore le vittime del treno deragliato fra Cremona e Milano. Spargono dolore e parole. Fra le immagini e le cronache, fra le sincere condoglianze, facevano capolino frasi politiche: “è nostro dovere vigilare”, “la priorità della sicurezza”. Sarebbe bello (e impossibile) poter dire che tutto era a posto ed è stata fatalità, ma non si può e allora si promette il proprio impegno su qualcosa che già non doveva essere.
Allo stesso modo, quando una tragedia di diversa natura (aggressione, violenza, rapina, omicidio) colora giornali e siti, parte la cavalcata politica della prevenzione prima di tutto, poi della repressione e Giustizia come se le forze dell’ordine potessero non dormire mai, non fare turni, moltiplicarsi e clonarsi da sole.
Il culmine è quando si prende un episodio, lo si cucina, lo si serve in tv come piatto forte, sociale ed elettorale, creando nemici, paura e aspettative cui rispondere. Allo sfruttar tragedie aveva già dedicato un’arguta pagina Carlo Emilio Gadda in Quer pasticciaccio brutto de via Merulana (pubblicato a puntate nel 1946 e in libro nel 1957), ambientato nel 1927, dove Mussolini è “sto Pupazzo a Palazzo Chiggi, a strillà dar balcone come uno stracciarolo”.
Scrive Gadda: “Adoperare l’avvenimento – quel qualunque avvenimento che Giove Farabutto , preside ‘a nuvoli, t’abbi fiantato davanti il naso, plaf, plaf -alla magnificazione d’una propria attività pseudo-etica, in facto protuberatamente scenica e sporcamente teatrata, è il giuoco di qualunque, istituto o persona, voglia attribuire alla propaganda e alla pesca le dimensioni e la gravezza di un’attività morale. La psiche del demente politico esibito (narcisista a contenuto pseudo-etico) aggranfia il delitto alieno , reale o creduto, e vi rugghia sopra come belva cogliona e furente a freddo sopra una mascella d’asino”.