L’indovino predisse l’Italia del 2018

Un indovino quarant’anni fa scrisse un ritratto dell’Italia che fra due mesi andrà alle urne. Sembra aver letto i giornali a cavallo del Capodanno e sulla loro base commentare Giustizia e Sicurezza, Disoccupazione e Ambiente, Tasse e Pensioni, Leggi non fatte e Furbetti.

E’ gioco facile quello d’un nuovo Nostradamus, ma serve per sorridere su una cupa verità: tutto immutato, e quel che è mutato è quasi sempre mutato in peggio. I brani che seguono sono tratti da un libro (Incontro a Torino, L’Arciere editore) che raccoglie gli editoriali letti alla Rai nel 1978-1979 da Franco Piccinelli. Nato a Neive nel 1923 e morto ad Alba nel 2014, Piccinelli fu romanziere profondo, cantore senza retorica della civiltà contadina, della sua crisi legata all’inurbamento, della sua ripresa e del suo mutarsi attraverso tecnologie, benessere, mode. Giornalista attento e scrupoloso, negli anni in cui fu capo redattore alla sede Rai di Torino, arricchì il notiziario regionale con pacati interventi su vizi e speranze d’ un periodo tormentato (egli stesso fu colpito dai terroristi). E’ triste leggere i suoi ritratti sociali come fossero scritti per questo Capodanno. Ecco alcuni stralci.

Parlamento beffa. Pensando alla mancata legge sullo ius soli: “Un’aula semideserta o pressoché vuota presenta certo un brutto colpo d’occhio. Quando poi in quell’aula gli argomenti in esame sono di particolare importanza, l’impressione che se ne ricava è di un vero assenteismo”. Che a volte è davvero volgare vita comoda a casa, a volte è strategia: “Puro accademismo di molti interventi, talora nemmeno stilisticamente perfetti, su problemi la cui soluzione (o non soluzione, ndr) è in pratica già concordata o addirittura decisa”

Sicurezza. Prima di marzo tornerà il cavallo di battaglia di una legittima difesa che preveda rivoltellate in faccia o alla schiena di chi viola uno spazio privato o da questo sta fuggendo. Scriveva Piccinelli: “L’uomo che uccide con la pistola uno sconosciuto nel quale intravvede un pericolo mortale per sé, sembra un esempio classico del clima di tensione in cui troppe volte si è costretti”. E avverte: “Sono molto ravvicinati i confini tra la prudenza e la paura. Solo che, con la prudenza, si riesce a vivere e forse sufficientemente bene, con la paura si rischia di morire e di coinvolgere chi è al di fuori dal tiro degli incubi”.

Giustizia.Stanno per essere inaugurati gli Anni giudiziari: “Ritornano a evidenziarsi, ufficialmente, gli stessi problemi quotidiani del settore: spesso con pochissime varianti da un gennaio all’altro, come qualcosa che necessariamente ritorna quasi fosse neve. E allora, in primissimo piano, tra le cause di crisi della giustizia, affiorano, oggi come ieri, la lentezza dei procedimenti, gli intoppi formali e non solo procedurali, i conflitti di competenza, la scarsità di personale, la limitatezza dei mezzi che risale a un bilancio finanziario verosimilmente esiguo”.

Pensioni. E’  in atto la corsa a promettere redditi minimi: “Ma ciò che stenta a trovare soluzione è il problema di pagare il giusto ai pensionati: sono il modo, il sistema di pagare intanto ad essi il dovuto”.

Evasione fiscale: “Viene il sospetto che i furbi veleggino in quelle stratosfere dove l’occhio tributario, essendosi meccanizzato, non arriva”.

Disoccupazione. Quarant’anni fa cifre e statistiche erano meno pesanti, crisi e mutamenti del mondo del lavoro non avevano ancora espulso tanta gente di media età quanta se ne caccia via oggi: “Attualmente in Italia un milione e mezzo di persone sono alla ricerca di un’occupazione e l’80 per cento di costoro è rappresentato da giovani tra i 14 e i 29 anni. Giovani che aspettano di entrare attivamente in quel mondo operativo che i sessantenni hanno onorato”. E che continuano a occupare quando non espulsi prima.

Tasse e prezzi alle stelle, autostrade. E’ fresco l’aumento di tariffe autostradali, che colpiscono turismo, viaggi di lavoro e pendolarismo: “Incidono particolarmente sui bilanci di quelle famiglie che campano dello stretto lavoro (…) Percorrere la tangenziale, o peggio tratti maggiori di autostrade, significa ormai rinunciare a qualcosa, magari di necessario, durante la giornata (…). Ci sono altre strade, è vero (…) (vessate da autovelox installati non per prevenzione ma per far cassa, ndr). I pedaggi hanno un po’ il sapore di un balzello sulle scarpe in tempi andati quando, per sfortuna, molti si ritrovavano a camminare a piedi nudi, utilizzando i calzari all’ultimissima fase del viaggio”.