Natale, un sorriso ci salverà

Natale è ricorrenza religiosa, momento di fede, festa commerciale, baraonda di pranzi e auguri più o meno sentiti, una magìa per i bambini, una solitudine per i tristi, una palestra di polemiche, una nevicata di banalità nei tg.

Ci si arriva sempre più incupiti: la caccia all’acquisto dei doni è soffocata dalla paura degli attentati, accresciuta dai proclami di “migliaia di uomini in borghese e in divisa allertati”, l’allegria degli addobbi si fa disprezzo, scontro politico o sarcasmo con il povero Spelacchio, il piacere di starsene in casa con poche persone vere è martellato dalle notizie televisive secondo le quali tutti gli altri se ne vanno da qualche parte. Due giorni fa una telecronista ci ha informati che “otto italiani su dieci soffrono di stress da shopping, soprattutto donne e over 45”. Buona notizia: significa che non siamo così poveri.

Un tempo si arrivava a questi giorni – chi con gioia religiosa, chi con laico piacere – grati per una pausa dell’individualismo. Ora ci si arriva dibattendo di sondaggi politici (non con il piacere che sia in vantaggio qualcuno in cui crediamo, ma con la gioia di veder scendere un altro), applaudendo o invocando uno psichiatra per chi vieta – proprio adesso – di sfamare affamati mezzi congelati, allibiti di fronte a chi sceglie il momento più stonato per solleticare egoismo, paura, miseria culturale che possono diventare una crocetta su una scheda.

E’ morta la tregua. Salvini, uno degli uomini più terrorizzati dal mondo che cambia e che chiede ogni giorno leggi severe, ora le vuole alleggerire perché i Nas, anziché nel negozio di un mite artigiano con pochi incassi, sono andati a disturbare i surgelati di Cannavacciuolo. Qualche insegnate e qualche direttore didattico tutt’altro che salviniani hanno deciso di non allestire presepi per non turbare chi cristiano non è. Molti si sono scandalizzati per il cedimento agli invasori, nessuno si è scandalizzato per il fatto che ad abolire il presepe foosse gente che dovrebbe insegnare.

Perché dovrebbero esser turbati gli islamici, almeno quelli non deviati da integralisti che riscrivono un Corano falsato? La Sura XIX, la Sura di Maria, parla della nascita di Gesù in una quindicina di versetti: “Io sono il Messaggero del tuo Signore, per donarti un fanciullo purissimo. Come potrò avere un figlio, rispose Maria, se nessun uomo m’ha toccata mai, e non sono una donna cattiva? Disse: Così sarà. Perché il tuo Signore ha detto: Cosa facile è questa per me”. E più avanti: “Ed essa indicò loro il neonato e dissero: Come parlerem noi a chi è ancora nella culla bambino? Egli disse: In verità io sono il Servo di Dio, il quale mi ha dato il Libro e mi ha fatto Profeta e m’ha benedetto dovunque io mi sia e m’ha prescritto la Preghiera e l’Elemosina finché sarò in vita e m’ha fatto dolce con mia madre, non mi ha fatto violento e scellerato. Sia pace su di me, il dì che nacqui e il dì che muoio e il dì quando sarò suscitato a Vita”. Dice il Corano: “Questo è Gesù figlio di Maria, secondo parola di verità”.

C’è bisogno di togliere il presepe o è sufficiente radunare davanti ad esso i bimbi musulmani e leggere queste pagine? E agli altri? ai buddhisti, a quelli semplicemente figli di atei si potrebbero svelare momenti della storia “delle religioni”. Eppure no. Siamo così avvezzi tutto l’anno a farci spingere verso la rissa da chi trarrà giovamento dal nostro litigare che anche le realtà più semplici non riusciamo a viverle con il nostro pensiero.

Ci hanno abituati che tutto è nemico e, per sentirci immuni da questa rabbia muta o urlata trattiamo con tensione e forza anche la pace, l’integrazione, la quiete. Accorgiamoci almeno a Natale che si può andar per negozi senza lo stress che dice la tv (a cambiare i regali sbagliati, ma accolti con pazienza), guardando anche le facce e non soltanto vetrine e banconi, scopriamo che non è faticoso salutare gli sconosciuti del tavolo accanto al ristorante: sono come noi, non sono invasori di locali pubblici, minacce alla quiete, dopo qualche bottiglia faremo tutti lo stesso casìno.

Se passando davanti allo specchio – pur se si è rotta ieri la caldaia o s’è addormentata la batteria dell’auto – facciamo un sorriso a quel tale che vediamo riflesso: già vive qui, non è pericoloso. E portiamo lo stesso sorriso nella stanza accanto. Portiamolo verso l’anno nuovo, dove ci converrà ragionare con il sorriso, non con i ghigni che vogliono stamparci in faccia.