L’infelice teatrino di Matteo Renzi e Fabio Volo, buffo e triste insieme, ha fatto due vittime: i libri e i lettori. Che sempre, quando irrompono più o meno graditi i politici, finiscono abbandonati.
Volo presenta il suo ultimo lavoro su invito di Oscar Farinetti, amico del segretario Pd che si trova in Piemonte per il suo giro di “ascolto” durante il quale parla tanto. Per fine serata è prevista una cena con Renzi, il quale arriva quando la presentazione è ancora in corso e si piazza al tavolo. Quel che non è chiaro dalle cronache è: di questo siparietto lo scrittore era al corrente?Comunque lo accetta e i due discutono di ius soli. La cosa può essere utile a entrambi: l’argomento delicato dibattuto con un leader di partito in tour accresce la ricaduta giornalistica dell’uno, un comizietto alla serata di chi vende centinaia di migliaia di copie quella dell’altro. Invece sui giornali ci finisce lo scatto di Volo che si alza e se ne va.
L’incidente è buffo perché è difficile pensare che un uomo politico a un tavolo dove si parla di libri eviti comizi: con Berlusconi a fianco di Vespa quando esce un nuovo titolo, la sala è piena di giornalisti scatenati sulle cronache ultime dai Palazzi e non sulle pagine del collega. Ed è assurdo immaginare Renzi che di fronte a qualunque pubblico (ma forse anche in privato) rinuncia a un monologo su tutto quel che di bene ha fatto all’Italia. E, ancora, è balzano scordare che Volo prima che scrittore è uomo di spettacolo, immediato (salvo poi scuse per la “gestione” della faccenda) nel riprendersi la scena col gesto più clamoroso: me ne vado dalla mia sera, dalla chiacchierata che volevate avere con me.
Quel che resta si vede bene sui social: un pubblico spaccato a metà, come colpevolisti e innocentisti di fronte ai crimini celebri. Rimane pubblicità – più cattiva che buona – per due personaggi vissuti con partigianeria intransigente, non per le parole scritte per cui nasceva l’incontro, per il narrare di Volo, nemmeno per il titolo (Quando tutto inizia). La società dello spettacolo ha divorato i contenuti, lascianado questa volta delusi sia gli attori che il pubblico. E anche questa volta risuona perfetta la frase di Giovanni Arpino in Passo d’addio: “La vita o è stile o è errore”.