Fessi tutti quanti, loro invece gran furboni. Lasciano stupefatti e fanno anche un po’ ridere i protagonisti dello scandalo per i concorsi universitari e quelli dell’inchiesta di Seregno: in Italia ogni giorno qualcuno strilla”siamo tutti intercettati”, poi tutti discutono via telefono i loro patti, le loro promesse, i loro affaracci più o meno leciti.
Un docente dice chiaro e tondo a un ricercatore: è meglio che ti ritiri e ti levi di mezzo perché sei bravo, così bravo che meriteresti il posto che invece abbiamo già deciso di dare a uno meno bravo di te, ti creeremo un’altra occasione. I professori paiono avvezzi, secondo l’inchiesta, a offrire premi di consolazione (un convegno, un viaggio), fidando nel fatto che molti italiani sono ligi all’apocrifo articolo 140 della Costituzione: “Una mano lava l’altra”. Non tengono in conto che il “troppo bravo” è inglese, che potrebbe, chissà? uscire di lì e subito infilarsi in una caserma della Guardia di Finanza.
A Seregno il sindaco conferma per telefono a un imprenditore dai vasti affari che “ogni promessa è debito”. Il che è vero quando la promessa è limpida. Ma qui, secondo i pm, la promessa riguarda gente in odor di ‘ndrangheta. Si parla tranquilli, senza badare al fatto che siamo in un Paese dove i giornali sono resi più spessi dalla pubblicazione di intercettazioni telefoniche che sovente riguardano amministratori pubblici e ancor più sovente mafiosi o individui ritenuti tali.
I notiziari sono colmi di gran furbi che considerano rimbambito il resto d’Italia. Come può venire in mente di chiedere la residenza nelle zone terremotate dopo che il terremoto ha fatto il suo lavoro, cioè distruggere? Che sia per acchiappare il contributo? Ma sono tranquilli: chi vuoi che si domandi, in questo casino, perché arriviamo a viverci mentre gli altri sono costretti ad andar via. E all’inizio sembrano aver ragione: la residenza arriva, il contributo pure. Ma se chiedi il contributo è perché hai danni, e se hai danni rischi che la casa ti cada sulla testa, sicuro che ci vieni davvero a vivere? Impassibili: chi vuoi che se lo chieda. Invece qualcuno se l’è chiesto.
Certo, ci si indigna, e non soltanto per i fatti in sé. Ci frusta e ci frustra prendere atto ogni giorno di più che la corrotta spudoratezza che attribuiamo alla politica è invece una sistema venoso che percorre l’intera società. E ci spaventa la sicumera, il delirio d’impunità, come se una diffusa procedura come quella delle intercettazioni per le loro conversazioni fosse vietata. Nello stesso tempo non ci consola ma un po’ ci vendica irridere la stoltezza dei presunti astuti, ben rappresentati da Gariboja (si legge Garibuia), personaggio popolare (mutuato dalla Francia) che in Piemonte veniva citato ai bambini quando credendo d’esser geniali facevano cretinate. Dicevano gli adulti: sei furbo come Gariboja. Costui, per paura di esser derubato, nascondeva i suoi soldi nelle tasche degli altri.