Prostitute sfruttate tre volte

Sulla pelle delle prostitute guadagnano sfruttatori feroci e giocano clienti indifferenti o ciechi. Grave è che a completare il teatrino ci si mettano iniziative politiche spacciate per lotta al crimine e che sono scorciatoie per togliere da qualche strada un imbarazzante degrado sociale figlio di criminalità ben organizzata.

L’arzigogolato escamotage creato dal sindaco di Firenze Nardella non è il primo e non sarà l’ultimo. In sostanza Nardella, non potendo vietare di “andare a puttane” perché la prostituzione non è reato, dispone con ordinanza il divieto non già di intrattenersi con una prostituta, bensì di contrattare con lei la prestazione. Se sorpresi a contrattare si incorre penalmente nella disobbedienza a un’ordinanza. Ma se la prostituzione non è reato è ovvio che si basa sullo stabilire il prezzo: vietarlo è come consentire il fumo di sigaretta ma proibire di accenderla. Su questa strada si era già avventurato il sindaco di Asti Brignolo, stabilendo una contravvenzione per chi accostava al marciapiede là dove sostavano ragazze. In pratica sembrava niente più che una tassa comunale sulla compagnia a pagamento.

Al di là della bizzarra costruzione di questi provvedimenti, la cosa che indigna è la motivazione dichiarata: contro lo sfruttamento delle prostitute. Indigna perché è una spiegazione o ipocrita o scervellata: è come multare chi acquista prodotti dal povero negoziante vessato dal pizzo anziché combattere la mafia, e poi dire che impedendo di comprare da quello sventurato si sta proprio combattendo la mafia.

Mi sia perdonato un riferimento all’esperienza personale, che può spiegare la ripulsa verso quei provvedimenti di facciata. Anni fa m’impegnai per La Stampa in un’inchiesta dentro il mondo della prostituzione – nel caso specifico dell’importazione e riduzione in schiavitù di ragazze dall’Albania – che portai a termine incolume soltanto grazie alla serietà e attenzione della Questura di Torino. In quel viaggio – raccolto poi con un significativo  titolo ricalcato su un titolo di Fabrizio De André, Anime schiave – ascoltai racconti agghiaccianti,  registrai orrori, violenze, crudeltà che perforarono anche la scorza di cronista avvezzo alle sofferenze altrui. Per contro vidi l’ accortezza e tenacia delle forze dell’ordine nel trattare le ragazze per arrivare al nodo vero del problema. E parlai, talora con stupore e talora con rabbia, con i clienti: qualcuno fuori dal mondo, qualcuno dondolante nel “non ci avevo pensato”, altri completamente abbrutiti o resi ciechi dall’arrapamento, altri eccitati, forse senza confessarlo a se stessi, dall’affittare una schiava, oppure così miseri da crearsi un alibi: pagandola le evito le ritorsioni dei magnaccia.

Ne sono uscito inorridito, ma documentato quanto basta per distinguere vittime, aguzzini, profittatori, incoscienti, e poi terrori, solitudini, contorsioni mentali. E inorridito anche da quanti gridavano: via quello spettacolo orribile dalle strade, proteggiamo i nostri figli, come se il problema fossero “mandrie seminude” e non aguzzini che imponevano quella vita. Lo spettacolo che indignava era una vetrina colorata che nascondeva l’efferatezza spietata del verminaio là dietro. Alla quale efferatezza certi benpensanti non volevano e non vogliono pensare perché potrebbe guastare il gusto di caricare una di quelle creature.

Siamo un paese ipocrita e la politica ne è espressione e maestra. Dire che si colpisce il cliente per combattere il protettore è ridicolo. Le agenzie già battono le notizie sulle prime denunce a Firenze (con gli avvocati pronti a controbattere all’ordinanza): significa che i clienti non stanno a casa e che il massimo che si può ottenere se il mercato cala è il trasferimento della “merce” un po’ più in là. Si salva il decoro delle proprie strade, si “sfrutta” a propria volta la ragazza per un po’ di immagine politica, non si sfiorano il vero problema (aiutare donne terrorizzate a uscire dalla schiavitù) e non si fa nulla contro il  criminale (al quale si dedicano invece polizia, carabinieri e magistratura).

A questa santa guerra contro i protettori da parte dei sindaci non crede nessuno. Nemmeno i protettori.