Io penso all’Italia. Anch’io. No, tu no. Scissione. Compattezza. Me ne vado anzi non proprio. Guarda quelli come sono ridotti. Guardatevi voi che appena messi alla prova fate un casìno dopo l’altro. Io faccio il leader della destra. Noi non ti vogliamo. Facciamo le primarie. Facciamole, ma non le tue. Abbiamo tempo per parlarne, tanto loro si dividono. Ma così facciamo il gioco di quegli altri ancora. Sì ma gli altri si fanno male da soli adesso che governano qua e là e volano polizze sugli stadi. Lasciali dire, hanno paura perché siamo il nuovo che avanza. Siete il nuovo invecchiato. Intanto che litigano io metto insieme questi e quelli. Ma quelli non vengono. Però vengono gli altri. Non è vero perché noi e gli altri abbiamo una cura per l’Italia. Intanto che litigano io sto con i taxisti. E io con chi sta a piedi, io con chi spara, io con chi muore, io con i becchini, allora io con i parenti, con i parenti stiamo tutti, io con chi arriva, io con chi parte, io con chi piange, io con chi prega, io con chi mangia. Pardon, sto con chi mangia ma non lo dico.
E il rintronato pubblico-vittima dello scellerato teatro? E’ scisso anche lui: non per scelte dentro uno o l’altro schieramento, è scisso proprio dall’intero spettacolo . Ma non si desta, si dicono l’un l’altro gli sbracati attori. Solo i più ingenui volevano cambiare inno nazionale per levar via quel brutto concetto del destarsi. Benché ignoranti (come salvo rare, encomiabili eccezioni l’esser candidati ed eletti prevede in un misterioso regolamento) i vociferanti sentono casualmente in sé le prime parole d’una frase di Charles-Alexis-Henri de Tocqueville (1805-1859), però, non sapendo che sia esistito (fu magistrato, deputato, ministro e, sia detto per inciso, studiò anche il sistema penitenziario) non l’hanno potuto leggere né all’inizio né alla fine: “Una nazione stanca di lunghe discussioni accetta volentieri di essere ingannata, pur di potersi riposare, e la storia ci insegna che, per contentarla, basta allora raccogliere in tutto il paese un certo numero di uomini oscuri e sottomessi e, pagandoli, far loro rappresentare davanti ad essi la parte di assemblea politica. Ma al principio di una rivoluzione queste idee falliscono sempre e non fanno che eccitare il popolo senza appagarlo”. (L’Antico regime e la Rivoluzione, Rizzoli).