Dell’ex premier Matteo Renzi amici e nemici hanno sempre detto – soprattutto quando non sapevano che altri complimenti rovesciare o quando volevano addolcire critiche – che era uno straordinario comunicatore. Forse un entusiasmo sopra le righe, giacché proprio lui ammette di aver compiuto errori nella comunicazione e annuncia: troppo “io”, passeremo al “noi”.
A parte che già altri passarono al “noi” nei vent’anni tra le due guerre e non portò bene, le persone vicine al segretario Pd dovrebbe suggerirgli che il cuore della questione non è quel che si proclama e nemmeno – seppur abbia un peso – come lo si proclama, non è quel che le parole sembrano trasmettere o s’illudono di trasmettere, ma è il fuoco sotto l’apparenza: è ciò che trasuda dal tono, dallo sguardo, dalla sincerità e dall’umiltà di un uomo al servizio di una collettività piuttosto che dalla sicumera d’un condottiero.
“Noi”? Ma il “noi” deciso a tavolino e perfino annunciato (pur volendo intendere un atteggiamento) può apparire un astuto ammiccare. O, peggio, un plurale maiestatis. Caro Renzi, non si sforzi di cambiare comunicazione, provi invece a cambiare il sentimento verso le persone cui si rivolge e verso la politica. Sarà tutto più facile e lei sarà più sereno (senza allusioni).