Dalla Legge Truffa del 1953 a Tangentopoli, passando per scandali d’ogni colore e portata, politici collusi con le mafie, parlamentari in vendita al miglior offerente di casacche nuove, fino a Mafia capitale. Pur con tutti gli sforzi è difficile ricordare nella quotidiana indignazione quel che di buono c’è stato, il più delle volte per iniziative sfociate in referendum, come nel caso di divorzio e aborto, e quindi di scelta diretta degli elettori.
La distanza e il disprezzo reciproco fra chi ha votato e chi dai votanti è stato eletto o in qualche modo si è infilato nei giochi trova benzina ogni giorno nei notiziari. Vince – per motivi di contenuto, ma anche di rifiuto più generale – il <no> al referendum sulle riforme della legge elettorale e della Costituzione e subito nasce un governo nel quale trovano premio la ministra Boschi che quelle riforme ha firmato e la senatrice Angela Finocchiaro che ne è stata relatrice (ministro per i Rapporti con il Parlamento).
Da ogni parte tutti dichiarano, tutti twittano, tutti spiegano quel che è urgente fare (pur avendo governato e non avendolo fatto), tutti vanno ospiti in tv e si deve ammettere che alcuni coraggiosi sono i poveracci esposti quando la situazione è indifendibile e la difendono con cieca abnegazione (i figli, tornando da scuola, chiedono: papà perché sei andato lì sapendo che ti picchiavano?).
Il sindaco di Napoli De Magistris accusa Roberto Saviano di guadagnare sulla camorra perché scrive quello che la gente deve sapere, il governatore della Campania De Luca annuncia che vuole far licenziare i medici che curano i malati sul pavimento perché chissà dove la politica nazionale e regionale hanno messo i soldi (ticket compresi) per i letti.
L’incomprensibilità delle persone che, solo da noi e in parte del Terzo Mondo, costituiscono la Politica un po’ si schiarisce nelle immagini che li riprendono in strada intorno a Montecitorio o alle sedi dei partiti: camminano appesi a un telefonino, quasi andassero dove li porta lui, così impegnati e ambiti, dispensano alle telecamere con sorridente supponenza tutti lo stesso artefatto sorriso o broncio, tutti gli identici e fastidiosi cenni da gente indaffarata, alti su stessi come alti su camion e carri armati erano i soldati americani che lanciavano cioccolata e sigarette alla folla stracciona e bombardata.
La tragedia non è soltanto nelle singole disonestà, nelle singole arroganze, indecisioni, stranezze, incongruenze, incapacità, ignoranze, ma in un’infezione più radicata, corazzata e infima di quel che genera una Casta. Uno scrittore ha dipinto la deriva meglio di qualunque filmato: <Gli uomini politici italiani sono una rarità zoologica, una specie di fauna delicatissima che non soggiace alle normali leggi di natura. Un uomo come Roosvelt, qui, sarebbe tutt’al più riuscito a fare il sindaco di un paesino di duemila abitanti, mai avrebbe raggiunto Roma. I politici, in Italia, costituiscono una categoria che vive di sé e per sé, si specchia in se stessa e non ha con il paese neppure il legame che unisce il rinoceronte all’uccello che viaggia con lui e lo ripulisce dai parassiti>. Giovanni Arpino, <Viaggio in Italia>, 1967. Cinquant’anni di turpitudine.